Abbiamo già accennato ai frutti di mare. Essi debbono essere consumati vivi e possibilmente appena pescati, specie se si desidera mangiarli crudi con un po' di limone e pepe. Aperte col coltello, queste conchiglie debbono lasciar cadere acqua di mare in abbondanza e se messe sul fuoco debbono aprirsi di scatto perdendo anche in questo caso copiosa acqua. Del resto anche senza ricorrere a questi, che potremmo definire i grandi mezzi, i frutti di mare si conoscono anche all'esame visivo. Infatti se lasciate in disparte per un po' di tempo un cesto di frutti di mare, essi, se saranno vivi, si apriranno leggermente. Toccandoli appena o provocando un rumore insolito, i frutti di mare si ritireranno repentinamente nella loro casetta, chiudendo ermeticamente le due conchiglie che rappresentano la loro unica difesa.
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mare si conoscono anche all'esame visivo. Infatti se lasciate in disparte per un po' di tempo un cesto di frutti di mare, essi, se saranno vivi, si
lo zucchero, che insieme con l'acqua formerà uno sciroppo denso: il quale, in linguaggio di cucina, si chiama «caramello». Quando questo caramello sarà freddo travasatelo in una bottiglietta e tenetelo in serbo, che si conserva moltissimo tempo.
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sarà freddo travasatelo in una bottiglietta e tenetelo in serbo, che si conserva moltissimo tempo.
Nell'arte della cucina si chiamano chenelle delle piccole preparazioni fatte con farcia. Ottenuta la farcia, servendosi di un cucchiaino se ne prende una piccola quantità e si mette a rassodare nell'acqua bollente: qualche cosa di simile a quello che accade per i gnocchi; ed infatti questi piccoli gnocchi di carne appena rassodati vengono tolti dall'acqua con una cucchiaia bucata e servono a guarnire le pietanze. Notiamo qui incidentalmente che le chenelle possono anche farsi entro piccole stampe imburrate. Ma di ciò a suo tempo, non avendo voluto intanto che spiegare alle lettrici quel che s'intende con la parola chenella. E a questo proposito ci sia consentito di sfiorare una piccola questione linguistica.
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le chenelle possono anche farsi entro piccole stampe imburrate. Ma di ciò a suo tempo, non avendo voluto intanto che spiegare alle lettrici quel che s
Pestate nel mortaio la carne, condita con sale e pepe, aggiungendo di quando in quando un pochino di chiara d'uovo. Quando la carne sarà ben pestata passatela dal setaccio, raccogliendo la farcia in una casseruola, che porrete sul ghiaccio per un paio d'ore. Trascorso questo tempo, e sempre tenendo la casseruola sul ghiaccio, condite la carne col sale e pepe necessari e poi incominciate a sciogliere la farcia, aggiungendo poca alla volta la crema di latte e mescolando adagio adagio con un cucchiaio di legno. L'aggiunta della crema va fatta in piccole quantità e con grande delicatezza, come se si trattasse di unire delle chiare montate a un composto dolce. Quando tutta la crema sarà assorbita la farcia sarà fatta. Oltre che col pollame e col pesce questa farcia, si può confezionare con carni diverse, selvaggina e specialmente con crostacei, come gamberi, aragoste, ecc. ecc.
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passatela dal setaccio, raccogliendo la farcia in una casseruola, che porrete sul ghiaccio per un paio d'ore. Trascorso questo tempo, e sempre tenendo
Occupiamoci brevemente di questo sugo, il quale sostituisce così bene il sugo d'umido di manzo e ha tante applicazioni nella cucina. Mettete in una casseruola di rame una cucchiaiata di strutto, una mezza cipolla finemente tritata, una costola di sedano e una carota gialla tagliuzzata. Aggiungete un «battuto» o pesto, fatto tritando sul tagliere mezzo ettogrammo circa di grasso di prosciutto o di lardo, un pochino d'aglio e un bel ciuffo di prezzemolo. Fate cuocere su fuoco moderato, mescolando di quando in quando, e aggiungendo qualche cucchiaiata di acqua per dar tempo ai legumi di cuocersi e d'imbiondirsi senza correre il rischio di bruciare. Quando i legumi saranno ridotti in poltiglia aggiungete due cucchiaiate abbondanti di salsa densa di pomodoro, bagnate con poca acqua, mescolate, condite con sale e pepe e lasciate cuocere il pomodoro per una ventina di minuti finchè la salsa sia bene addensata. Questa quantità di salsa può bastare per sei persone. Nella stagione dei pomidori, alla salsa conservata si può sostituire il pomodoro fresco.
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prezzemolo. Fate cuocere su fuoco moderato, mescolando di quando in quando, e aggiungendo qualche cucchiaiata di acqua per dar tempo ai legumi di cuocersi
Mondate i cetrioli e ritagliateli in fette finissime come carta (è questa la caratteristica). Raccogliete queste fettine finissime in una piccola insalatiera e cospargetele con un poco di sale fino, il quale ha l' ufficio di privare il cetriolo della molta acqua di vegetazione che contiene. Dopo una mezz'ora prendete un po' di fette alla volta, strizzatele con garbo e spandetele sopra un tovagliolo che poi arrotolerete piano piano in modo da rinchiudervi dentro le fette per lasciarle bene asciugare. Dopo un altro po' di tempo accomodate le fettine nei piattini da antipasto, conditele con pochissimo sale, pepe, olio, aceto e prezzemolo trito aggiungendo anche, se è possibile, una cucchiaiata o due di crema di latte sciolta. Mettete i piattini preparati in ghiacciaia per almeno un'ora affinchè i cetrioli possano essere serviti freddissimi.
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rinchiudervi dentro le fette per lasciarle bene asciugare. Dopo un altro po' di tempo accomodate le fettine nei piattini da antipasto, conditele con
Questa ricetta tradizionale costituiva l'invariabile punto di partenza dei pranzi di Pasqua del bel tempo antico. La confezione è delle più facili. Si prepara, come di consueto, un brodo di manzo, aggiungendo nella pentola — ciò che è di rigore — un pezzo di petto o di spalla di agnello. Si rompono in una terrinetta dieci torli d'uovo, si diluiscono col sugo di un limone e si sbattono. Poco tempo prima di mandare la zuppa in tavola si mettono le uova sbattute in una casseruola grande e vi si versa pian piano il brodo bollente, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Questa operazione va fatta fuori del fuoco. Quando avrete versato nella casseruola la quantità di brodo occorrente per dieci porzioni, mettetela vicino al fuoco e senza smettere mai di mescolare fate addensare leggermente il brodo. Badate che il calore non sia eccessivo e il liquido non bolla, altrimenti l'uovo si straccia e invece del brodetto otterreste una «stracciatella» la quale, come sapete, è un'altra cosa. La ricetta tradizionale vuole si aggiunga al brodetto anche una pizzicata di foglioline di maggiorana fresca: è questione di gusti. Tagliate delle fettine di pane sottili, abbrustolitele sul fuoco e distribuitene tre o quattro per scodella. A parte fate servire del parmigiano grattato.
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Questa ricetta tradizionale costituiva l'invariabile punto di partenza dei pranzi di Pasqua del bel tempo antico. La confezione è delle più facili
Per sei persone misurate otto scodelle colme di acqua che raccoglierete in una pentola. Sbucciate nove patate di media grandezza e mettele a cuocere nella pentola preparata. Quando saranno cotte tiratele su con una cucchiaia bucata e mettetele da parte. Queste patate vi serviranno per contorno e potrete confezionarle in uno dei tanti modi che troverete nel presente volume. Nell'acqua in cui hanno cotto le patate mettete adesso tre cipolle, un paio di carote gialle e un piccolo sedano, il tutto grossolanamente tagliato, quattro pomodori fatti in pezzi e un chiodo di garofano. Potrete aggiungere anche una fettina di lardo e una corteccia ben raschiata di parmigiano. Ma queste ultime addizioni sono facoltative. Salate la pentola, copritela e lasciatela bollire dolcemente per almeno due ore. Trascorso questo tempo, passate il brodo raccogliendo i legumi nel colabrodo e pigiando energicamente con cucchiaio di legno per farne uscire tutto il sugo. Avrete ottenuto così un brodo aromatico nel quale potrete cuocere la consueta dose di minestra che finirete al momento di andare in tavola con qualche cucchiaiata di parmigiano.
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lasciatela bollire dolcemente per almeno due ore. Trascorso questo tempo, passate il brodo raccogliendo i legumi nel colabrodo e pigiando
È una piccola ricetta pratica che, confidiamo, sarà utile a tante mammine, che, non hanno sempre tempo disponibile per lunghe preparazioni di cucina. I maccheroni eseguiti così sono molto igienici e gustosi, e per il loro valore nutritivo possono venire somministrati con profitto anche ai bambini ai quali spesso può nuocere l'abituale sugo a base di pomodoro e di grassi. Nè la ricetta è molto costosa. Quando si pensi al costo di un vasetto di estratto di carne, che basta per parecchie volte, e a quello di un sugo ben fatto, si troverà che l'estratto di carne è molto più conveniente. Lessate dunque i maccheroni come al solito, scolateli e conditeli con un po' di burro e parmigiano. Prendete poi, per quattro persone, un cucchiaino di estratto di carne e stemperatelo in un tegamino con poche gocce di acqua bollente. Versate l'estratto di carne sui maccheroni, mescolate e mandate in tavola. Sarete piacevolmente sorprese dello squisito gusto acquistato dai vostri maccheroni e acquistato con una perdita di tempo così insignificante.
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È una piccola ricetta pratica che, confidiamo, sarà utile a tante mammine, che, non hanno sempre tempo disponibile per lunghe preparazioni di cucina
Per sei persone potrete calcolare nove uova. Mettete le uova in una casseruola, copritele d'acqua e fate levare il bollore contando, come sempre quando si tratterà di uova sode, sette minuti di cottura dal momento in cui l'acqua bollirà. Trascorso questo tempo rinfrescate le uova in acqua fredda e poi sgusciatele e tagliatele in spicchi. Mettete un pezzo di burro in una casseruola — una trentina di grammi — e appena liquefatto aggiungete una cipolla di media grandezza finemente tritata che farete cuocere pian piano ma senza che prenda colore. Quando la cipolla sarà cotta aggiungete un cucchiaino di farina, mescolate, e poi bagnate con un bicchiere e mezzo di latte. Condite con sale, pepe, noce moscata e lasciate cuocere pian piano per una ventina di minuti fino a che la salsa sia un poco addensata. Mettete allora le uova a spicchi nella casseruola, fate stufare un minuto o due e poi rovesciate il tutto in un piatto, contornando le uova con dei crostini di pane fritto.
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quando si tratterà di uova sode, sette minuti di cottura dal momento in cui l'acqua bollirà. Trascorso questo tempo rinfrescate le uova in acqua fredda e
Spalmate di burro un piatto di porcellana resistente al fuoco e versateci qualche cucchiaiata di salsa besciamella. Aggiungete qualche fettina di prosciutto e rompete sulla besciamella le uova. Condite con del parmigiano grattato, mettete qua e là qualche pezzetto di burro e date al piatto cinque minuti di forno; il tempo di far coagulare le uova.
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minuti di forno; il tempo di far coagulare le uova.
Ungete abbondantemente di burro una teglia, o un piatto di porcellana da fuoco di media grandezza, e guarnitene il fondo con uno strato di patate che avrete in precedenza lessate, sbucciate e tagliate in fette piuttosto sottili. Disponete sulle patate delle fettine di formaggio fresco, come mozzarella, provatura, fontina, ecc., e su queste rompete sei uova, facendo attenzione di conservare i rossi intieri. Condite con sale, pepe, e abbondante parmigiano grattato, disponendo ancora qua e là dei pezzetti di burro. Passate la teglia o il tegame a forno piuttosto forte per pochi minuti: il tempo di riscaldare la massa, di far rapprendere le uova e di gratinarle. Fate servire così senza travasare, facendo mettere la teglia o il tegame su un piatto grande con salvietta. Il numero delle patate è proporzionale a quello delle uova. Per sei uova adoperate sei patate di media grandezza.
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parmigiano grattato, disponendo ancora qua e là dei pezzetti di burro. Passate la teglia o il tegame a forno piuttosto forte per pochi minuti: il tempo
Ponete delle sogliole (ne calcolerete una a persona), bene nettate e lavate, in una teglia imburrata. Aggiungete nella teglia un poco di cipolla tagliata finemente, salate le sogliole, spruzzatele leggermente di vino bianco, copritele con un foglio di carta imburrato e mettetele in forno vivace per due o tre minuti, il tempo necessario per rassodare la carne. Toglietele dalla teglia e lasciatele raffreddare su un panno. Passatele poi nell'uovo sbattuto e quindi nella mollica di pane fresco grattata in cui avrete aggiunto una cucchiaiata di lingua e prosciutto cotto, tagliati a pezzettini. Deponete le sogliole così preparate in uno di quegli eleganti piatti di porcellana resistenti al fuoco, che avrete imburrato, sgocciolatevi sopra un pochino di burro fuso e mettetele nuovamente in forno ben caldo, finchè le sogliole abbiano preso un bel color d'oro. Levate il piatto dal forno, gettatevi dentro qualche dadino di mollica di pane, e innaffiate abbondantemente ogni cosa con burro, nel quale farete liquefare sul fuoco due o tre alici.
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due o tre minuti, il tempo necessario per rassodare la carne. Toglietele dalla teglia e lasciatele raffreddare su un panno. Passatele poi nell'uovo
Non tutti hanno in casa una rosticciera completa composta del girarrosto, della leccarda e del piccolo camino in ghisa dove si mette la legna o al carbone per arrostire la carne. Noi non sapremmo troppo raccomandare questi semplici apparecchi, poichè un pezzo d'arrosto, un pollo, un coscetto di capretto cotti allo spiedo con una piccola rosticciera completa sono deliziosi, non solo, ma permettono di ottenere un risultato meraviglioso, senza perdita di tempo e senza avere in cucina la più piccola traccia di fumo o di cattivo odore. Prendete un pezzo di filetto di bue e tenetelo prima per un paio d'ore in una marinata composta di olio, pepe e un po' di sugo di limone; infilatelo allo spiede e fatelo cuocere per circa tre quarti d'ora raccogliendo nella leccarda il sugo che sgocciolerà, e ungendo la carne di quando in quando con un pochino di olio. Quando il filetto sarà quasi cotto, salatelo e ultimate la cottura.
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perdita di tempo e senza avere in cucina la più piccola traccia di fumo o di cattivo odore. Prendete un pezzo di filetto di bue e tenetelo prima per un
Taglio preferibile, la noce o la contronoce. Fate con la punta di un coltellino qualche incisione nel mezzo della carne e in essa introducete dei lardelli di grasso di prosciutto che rotolerete prima nel sale e pepe, e dei pezzi di tartufo nero. Legate poi la carne perchè prenda una forma regolare e fatela cuocere in forno per più di un'ora in una teglietta in cui non stia troppo grande, con abbondante strutto o olio, avendo cura, di tempo in tempo, di rivoltare il vitello e di bagnarlo con qualche cucchiaiata d'acqua se vedrete che tende a colorirsi troppo. Per assicurarvi della cottura introducete nella carne un grosso ago da cucina: l'ago dovrà penetrare facilmente e il sugo che uscirà del forellino, dovrà essere bianco, senza traccia di sangue.
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e fatela cuocere in forno per più di un'ora in una teglietta in cui non stia troppo grande, con abbondante strutto o olio, avendo cura, di tempo in
Prendete un pezzo di prosciutto fresco — per dieci persone ne occorrerà da un chilo a un chilo e trecento grammi — mettetelo in una terrinetta in cui vada giusto, e versateci sopra un bicchiere abbondante di Marsala. Lasciate il maiale nel vino per una giornata, avendo cura di voltarlo di tempo in tempo perchè possa da ogni parte impregnarsi di Marsala. Quando dovrete cucinarlo estraetelo dal bagno, lasciatelo sgocciolare, legatelo per assicurarne la forma e mettetelo in una casseruola, nella quale avrete posto una cucchiaiata di strutto, qualche cotenna fresca e uno strato di legumi tagliuzzati: cipolla, carota gialla, sedano, prezzemolo. Condite il maiale con sale e pepe e fatelo rosolare dolcemente, in modo che i legumi non brucino, ma rimangano soltantobiondi. A questo punto bagnate la carne — una cucchiaiata di quando in quando — con la marsala della marinata: poi bagnate ancora la carne con dell'acqua — anche questa in quantità non eccessiva, perchè la carne possa rimanere ben saporita — e continuate la cottura, voltando spesso il maiale, per un'ora e più. Al momento del pranzo togliete la carne dalla casseruola, levate lo spago e accomodatela in fette regolari in un piatto ovale. Con un cucchiaio! sgrassate accuratamente il sugo rimasto, diluitelo con un po' d'acqua o di brodo, e fate dare un bollo. Il sugo dovrà essere un bicchiere abbondante, quindi regolatevi nell'aggiungere il brodo o l'acqua. Prendete un mezzo cucchiaino di fecola di patate e stemperatela in una tazzina con un dito d'acqua fredda. Gettate un po' alla volta questa fecola diluita nel sugo in ebollizione, mescolando col cucchiaio di legno; e appena vedrete che la salsa si sarà leggermente addensata, toglietela dal fuoco, versateci dentro un bicchierino di Marsala e un pezzo di burro come una noce che avrete fatto friggere a parte in un tegamino, fino a fargli prendere un bel colore biondo. Mescolate ogni cosa, mettete un paio di cucchiaiate di salsa sulla carne e inviate il resto nella salsiera.
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vada giusto, e versateci sopra un bicchiere abbondante di Marsala. Lasciate il maiale nel vino per una giornata, avendo cura di voltarlo di tempo in
Tutti sanno come si prepara il coteghino per la cottura. Si risciacqua, si avvolge in una salviettina, si lega e si mette a cuocere In acqua fredda, portandola pian piano all'ebollizione, che si manterrà lenta e regolare per un certo numero di ore. Per norma delle nostre lettrici diamo una piccola tabella del tempo necessario, in relazione al peso del coteghino.
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tabella del tempo necessario, in relazione al peso del coteghino.
Per sei persone occorrono sei filetti di tacchino. Togliete il nervo al filetto e divideteli in due parti in lunghezza. Con lo spianacarne o con una larga lama di coltello leggermente bagnata d'acqua spianate i dodici pezzi in modo da allargarli ed assottigliarli. Su ogni pezzo mettete una fettina di prosciutto, e, se ne avete, una fettina di tartufo nero. Avvoltolate su sè stessi i vari pezzi in modo da farne tanti involtini, poi infilzateli in uno o più spiedini, inframmezzando ogni involtino di tacchino con una fettina di prosciutto grasso e un crostino di pane. Questi crostini potranno essere cotti al forno o su della brace. In un modo o nell'altro conviene ungerli spesso con del burro liquefatto, e il tempo necessario per la cottura è di circa dieci minuti.
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essere cotti al forno o su della brace. In un modo o nell'altro conviene ungerli spesso con del burro liquefatto, e il tempo necessario per la cottura è
Per sei persone sbucciate e fate in spicchi quattro o cinque carciofi e cuoceteli in padella con un pochino di olio e di strutto. Se credete, potrete, prima di metter giù i carciofi, fare imbiondire nella padella un po' di cipolla, ma questa aggiunta non è necessaria. Cuocete i carciofi piano piano, bagnandoli di quando in quando con qualche cucchiaiata di acqua affinchè rimangano teneri. Spellate intanto e tagliate in fette sottili mezzo chilogrammo di fegato di bue o meglio di vitello, e quando i carciofi saranno cotti aggiungete il fegato, aumentando anche l'intensità del fuoco; condite con sale e pepe, e appena il fegato sarà arrivato di cottura — il che si ottiene in pochissimo tempo — tirate indietro la padella, condite fegato e carciofi con una buona cucchiaiata di prezzemolo trito e spremeteci sopra il sugo di mezzo limone. Mescolate, travasate in un piatto e fate portare subito in tavola.
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con sale e pepe, e appena il fegato sarà arrivato di cottura — il che si ottiene in pochissimo tempo — tirate indietro la padella, condite fegato e
Il taglio di carne da preferirsi per questa preparazione è il petto; e siccome è vivanda che si conserva parecchio tempo è opportuno prepararne una discreta quantità, anche perchè in questo modo si ottiene un risultato migliore. Prendete un grosso pezzo di petto di bue al quale toglierete le ossa, il tenerume e una parte del grasso e mettetelo per dieci o quindici giorni — a seconda della quantità della carne — in una salamoia speciale che ora vi descriveremo. La quantità di questa salamoia deve essere proporzionata al volume della carne, la quale deve rimanere completamente sommersa nel bagno. Mettete una pentola sul fuoco con dell'acqua, tenendo presente che per ogni litro di essa dovrete adoperare 100 grammi di sale, 50 grammi di zucchero greggio, detto anche zucchero biondo, una dozzina di grammi di salnitro, un ramoscello di timo, uno o due foglie di lauro e qualche pezzetto di macis, che come sapete, è l'involucro della noce moscata e si vende in tutte le drogherie ben fornite, o dagli erboristi. Fate bollire questa salamoia per cinque minuti e lasciatela raffreddare completamente, per travasarla poi in un grande catino di terraglia o altro recipiente adatto, ma, preferibilmente di terraglia, di porcellana, o anche di legno. Nella salamoia fredda immergete il petto di bue, e affinchè rimanga ben sommerso copritelo con una tavoletta di legno ben netta, sulla quale potrete appoggiare un grosso ciottolo. Di quando in quando — una volta al giorno è sufficiente — voltate la carne e allorchè sarà trascorso il tempo necessario perchè il sale abbia compiuto perfettamente il suo ufficio, estraete la carne dal bagno, risciacquatela diligentemente e mettetela a cuocere.
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Il taglio di carne da preferirsi per questa preparazione è il petto; e siccome è vivanda che si conserva parecchio tempo è opportuno prepararne una
Possono mangiarsi tanto caldi che freddi. Si scelgono dei carciofi non molto grandi, si privano di tutte le foglie dure, si tagliano a metà e si vuotano del fieno interno. Questi mezzi carciofi si dispongono bene allineati in una teglia, nel cui fondo si sarà versato qualche cucchiaiata di acqua e qualche cucchiaiata d'olio, e si riempiono con un composto piuttosto denso formato di pane grattato, olio, un po' d'acqua, un pezzettino d'aglio, alici tritate, prezzemolo, sale e pepe. Si sgocciola sui carciofi un altro pochino d'olio e si mette la teglia nel forno di giusta temperatura, affinchè, nello stesso tempo, i carciofi possano cuocere e il pane acquistare un bel color d'oro.
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, nello stesso tempo, i carciofi possano cuocere e il pane acquistare un bel color d'oro.
Per questo elegante piatto si possono adoperare i funghi porcini, gli ovoli o anche i funghi coltivati, che da qualche tempo sono in vendita quasi da per tutto. Nettate bene i funghi e se sono porcini ritagliateli in fette, se ovoli o funghi coltivati ritagliateli in dischi di un centimetro scarso. Risciacquateli, asciugateli e fateli rosolare in abbondante burro, su fuoco vivace. Conditeli con sale, un buon pizzico di pepe, una cucchiaiata di prezzemolo trito e qualche fogliolina di basilico fresco tagliuzzata. Quando i funghi saranno rosolati bagnateli con qualche cucchiaiata d'acqua aggiungendo anche un pochino di estratto di carne in vasetti. Mescolate e lasciate finir di cuocere. Quando i funghi saranno cotti rompete un paio di torli d'uovo in una scodella, diluiteli con qualche goccia d' acqua, sbatteteli con una forchetta e versate questi rossi sui funghi, avvertendo di tenere la padella non direttamente sul fuoco, ma sull'angolo del fornello, dimodochè le uova possano rapprendersi senza stracciarsi. Ultimare la pietanzina con due o tre cucchiaiate di parmigiano grattato, date un'ultima mescolata, versate i funghi nel piatto
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Per questo elegante piatto si possono adoperare i funghi porcini, gli ovoli o anche i funghi coltivati, che da qualche tempo sono in vendita quasi da
Per quattro persone, prendete cinque peperoni dolci di Napoli, gialli e rossi, assortiti, arrostiteli sul fuoco per toglier loro la pelle, nettateli e tagliateli in listerelle sottili, o in quadratini di un centimetro. Mettete in una padella un po' d'olio; spellate, tagliate a pezzi e nettate dai semi un paio di pomodori carnosi, e fateli cuocere a fuoco forte affinchè non si disfacciano troppo. Dopo qualche tempo aggiungete i peperoni, condite con sale e pepe e lasciate insaporir bene. Rompete in una scodella tre o quattro uova intiere, sbattetele come per una frittata, metteteci un pizzico di sale e versatele nella padella. Guardate che il fuoco non sia troppo forte, e con un cucchiaio di legno, o meglio, con una frusta di ferro, mescolate le uova e i peperoni in modo che le uova si rapprendano senza grumi, e rimangano cremose. Aggiungete qualche pezzetto di burro, mescolate ancora, e versate i peperoni in un piatto, contornandoli con dei crostini di pane fritti: o rettangolari della grandezza di un pezzo da domino, o, ciò che è più elegante, tagliati a triangolo isoscele.
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semi un paio di pomodori carnosi, e fateli cuocere a fuoco forte affinchè non si disfacciano troppo. Dopo qualche tempo aggiungete i peperoni, condite
Prendete un mazzetto di carote gialle fresche, di buona qualità, preferendo carote grandi. Mozzate loro la sommità, raschiatele, risciacquatele e poi mettetele a cuocere, con acqua fredda, badando di non farle passare di cottura. Appena cotte sgocciolatele, apritele in quattro, togliete la parte centrale che è legnosa, e poi se le carote sono molto lunghe ritagliate ogni spicchio in due o tre pezzi. Mettete questi pezzi in una insalatiera con un paio di spicchi d'aglio interi e mondati, sale, pepe o peperoncino, olio, abbondante aceto, e tre o quattro pizzicate di origano secco. Mescolate il tutto e prima di mangiare le carote, aspettate che sia passato almeno un giorno per dar loro tempo d'insaporirsi bene.
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tutto e prima di mangiare le carote, aspettate che sia passato almeno un giorno per dar loro tempo d'insaporirsi bene.
La melanzana è originaria dell'India, e si è naturalizzata felicemente, da tempo remotissimo, nei nostri orti occidentali. La melanzana, non ha avuto mai un consenso unanime di simpatie: portata alle stelle da alcuni, sprezzata da altri; consumata copiosamente in alcune provincie, rifiutata o adoperata con grande parsimonia e diffidenza in altri mercati. Nell'Italia meridionale, nella Sicilia, se n'è sempre fatto un consumo grandissimo in confronto delle altre provincie; a Roma, per esempio, fino a poco tempo fa veniva scarsamente usata ed anche ora alcuni buoni romani conservano per la melanzana la tradizionale ed ingiustificata avversione. Intorno alla melanzana c'è una grande leggenda da sfatare: quella delle difficoltà per la sua preparazione. Secondo alcuni autori di cucina per preparare un piatto di melanzane c'è da fare tale una fatica e da superare un tale complesso di complicazioni che ne passa la voglia. Gli autori culinari consigliano di mettere le melanzane sotto sale per qualche ora, poi di risciacquarle, asciugarle, ecc., ecc. Tutte fatiche inutili e tutto tempo sprecato. La salatura delle melanzane è uno dei tanti procedimeni della cucina empirica, che le nostre lettrici debbono assolutamente abbandonare. Uno solo è il punto importante: scegliere delle melanzane di buona qualità: preferibilmente le napolitane. Risolta questa principale questione, non vi sono altre difficoltà: tagliate le melanzane e cucinatele subito, senza timore che vi riescano di sapore acre o amarognolo. Noi crediamo anzi che una delle ragioni del cattivo gusto che prendono talvolta le melanzane sia dovuto appunto alla salatura.
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La melanzana è originaria dell'India, e si è naturalizzata felicemente, da tempo remotissimo, nei nostri orti occidentali. La melanzana, non ha avuto
Generalmente le indivie, cotte come d'abitudine, risultano scipite e molli: nel modo che vi insegnamo conservano invece tutto il loro sapore e rimangono ben sostenute e gradevolissime al palato. Dovrete provvedervi non di mazzi grandi, ma di piccoli mazzi di indivia, calcolandone un paio a persona. Spuntate un poco il torsolo ad ogni mazzo, togliete via le prime foglie esterne e risciacquate accuratamente in modo da togliere tutta la terra. Estraete i mazzi dall'acqua e metteteli diritti uno accanto all'altro in una casseruola nella quale porrete qualche cucchiaiata d'olio, uno spicchio d'aglio intiero e qualche foglia di basilico o di menta di campo, comunemente chiamata in Roma mentuccia. L'uno o l'altro degli aromi a seconda dei gusti. Coprite la casseruola con il suo coperchio e mettetela su fuoco debole per circa un'ora, affinchè le indivie abbiano il tempo di insaporirsi e cuocere. Sono veramente buone e possono venire servite da sole, o con il bollito e con l'arrosto.
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. Coprite la casseruola con il suo coperchio e mettetela su fuoco debole per circa un'ora, affinchè le indivie abbiano il tempo di insaporirsi e cuocere
[immagine e didascalia: Stampa per “babà” e “ratan”] [immagine e didascalia: Stampa da “Savarin”] mandorle dolci spellate e tagliate in filettini e rimettete il babà nel forno per pochissimo tempo: tre o quattro minuti, per dar modo alla ghiacchia di asciugarsi e prendere un aspetto brillante. Estraete di nuovo il dolce, lasciatelo raffreddare e poi accomodatelo in un piatto.
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rimettete il babà nel forno per pochissimo tempo: tre o quattro minuti, per dar modo alla ghiacchia di asciugarsi e prendere un aspetto brillante
detta fontana e nel centro ponete mezzo ettogrammo di burro e un uovo intiero. Impastate tutti cotesti ingredienti e fatene una pasta liscia, morbida e non troppo lavorata. Raccoglietela in una palla, copritela con una salvietta e lasciatela riposare per mezz'ora. Trascorso questo tempo spolverizzate la tavola di farina e con il rullo di legno stendete la pasta allo spessore di mezzo centimetro scarso. Con un tagliapaste rotondo e scanalato della grandezza di circa cinque centimetri, o più semplicemente con la bocca di un bicchierino da Marsala, tagliate dalla pasta tante rotelline che disporrete man mano sopra una teglia leggermente unta di burro. Rimpastate i ritagli, ristendeteli e ricavatene altre rotelline fino ad esaurimento della pasta. Mettete le zenzerine in forno di giusto calore per una ventina di minuti, fino a che siano diventate di un bel colore chiaro e bene asciutte. Estraetele allora dal forno, e lasciate che si freddino sopra un setaccio.
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e non troppo lavorata. Raccoglietela in una palla, copritela con una salvietta e lasciatela riposare per mezz'ora. Trascorso questo tempo
Questi biscotti leggeri e croccanti non contenendo grassi nè uova sono molto adatti per bambini, ammalati e per coloro costretti a uno speciale regime dietetico. Mettete sulla tavola 50 gr. di farina e nel mezzo sgretolateci 15 gr. di lievito di birra. Sciogliete il lievito con un pochino d'acqua appena tiepida e impastatelo con la farina in modo da avere una pagnottina di giusta consistenza. A questa pagnottina fate un taglio in croce e dopo averla coperta con una salviettina mettetela in luogo tiepido. In una diecina di minuti questa pagnottina avrà raddoppiato il suo volume e sarà soffice al tatto. Mettete allora sulla tavola 150 gr. di farina, fateci un buco nel mezzo e in questa cavità mettete un pizzico di sale, la pagnottina del lievito e un cucchiaino colmo di zucchero in polvere. Con mezzo bicchiere scarso d'acqua, appena tiepida, sciogliete il lievito preparato, il sale e lo zucchero e impastate con la rimanente farina. Regolatevi nel mettere l'acqua, ricordando che dovrete ottenere una pasta simile a quella del pane, e cioè nè troppo molle, nè troppo dura. Lavorate energicamente questa pasta con le mani poichè dall'accurata lavorazione della pasta dipenderà la leggerezza dei biscotti. Una ventina di minuti saranno sufficienti. Fatta la pasta mettetela su una placca da forno dandole la forma di un comune sfilatino di pane, coprite questa pasta con una salvietta e mettetela in luogo tiepido affinchè abbia tutto il tempo di lievitare. Quando dopo un'ora o un'ora e un quarto esaminerete la pasta vedrete che ha gonfiato ed ha di molto aumentato il suo volume. Preparate intanto il forno procurando che sia molto caldo e infornate la pasta senza naturalmente toglierla dalla placca. Ripetiamo che il forno deve essere molto caldo, perchè altrimenti la pasta formerebbe una crosta alla superficie cosa che è da evitare dovendo invece rimanere morbida quasi come una «brioche». Secondo la forza del forno ci vorrà, come tempo di cottura, da un quarto d'ora a venti minuti. Quando constaterete che il grosso bastone di pasta è cotto e ha preso una bella colorazione biondo scura levatelo dal forno e lasciatelo freddare. Dopo qualche ora affettatelo, ritagliandone dei biscotti di circa mezzo centimetro di spessore. Ne otterrete una quindicina. Allineateli in un solo strato su una lastra da forno e metteteli a cuocere nuovamente, ossia fateli biscottare, in modo che risultino leggeri, croccanti e di un bel colore biondo scuro.
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pane, coprite questa pasta con una salvietta e mettetela in luogo tiepido affinchè abbia tutto il tempo di lievitare. Quando dopo un'ora o un'ora e un
Sono delle frittelline gustose ed economiche. Rompete un uovo in una tazza grande ed unitevi un cucchiaio d'olio e un cucchiaio di zucchero; mescolate, e poi aggiungete tanta farina quanta ne occorrerà per ottenere una pasta piuttosto molle. Vedrete che occorreranno dalle quattro alle cinque cucchiaiate di farina. Quando avrete fatto l'impasto rovesciatelo sulla tavola leggermente infarinata, e procedendo con garbo date alla pasta la forma di un lungo cannello della grossezza di un dito. Ritagliate questo cannello in tanti pezzi lunghi una diecina di centimetri e con ogni pezzo foggiate una ciambellina. Con un coltello incidete leggermente in croce queste ciambelline e friggetele nell'olio o nello strutto, a padella leggera, affinchè abbiano il tempo di gonfiarsi un pochino. Accomodatele in un piatto e spolverizzatele di zucchero.
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abbiano il tempo di gonfiarsi un pochino. Accomodatele in un piatto e spolverizzatele di zucchero.
Aprite in due delle pesche cosidette spaccarelle, togliete loro il nocciolo, sbucciatele e mettetele in uno sciroppo caldo fatto con poca acqua, zucchero e un pochino di liquore, preferibilmente Maraschino o Kirsch o Rhum. Tenetele così vicino al fuoco per un po' di tempo senza che abbiano a sfarsi. Preparate tanti dischetti di pan di Spagna per quante sono le pesche. Questi dischetti dovranno essere alti un dito e avere un diametro di circa cinque centimetri. Metteteli in corona su un piatto, possibilmente di cristallo, spruzzateli con lo sciroppo delle pesche e disponete su ognuno di essi una mezza pesca, entro la cui cavità porrete una ciliegia candita. Avrete intanto preparato un zabaione leggero. Versate su ogni mezza pesca un po' di questo zabaione, e fate portare subito in tavola. I dischetti di pan di Spagna si ottengono regolari tagliandoli con un tagliapaste rotondo, di cinque centimetri.
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, zucchero e un pochino di liquore, preferibilmente Maraschino o Kirsch o Rhum. Tenetele così vicino al fuoco per un po' di tempo senza che abbiano a sfarsi
d'ore affinchè abbia il tempo di freddarsi perfettamente. Al momento di mandarlo in tavola si appoggia il timballo d'argento o la coppa di cristallo su un piatto con salvietta e si fa servire. Questa crema Malakoff è, in sostanza, una specie di «zuppa inglese», ma raffinatissima, che può tener luogo del gelato.
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d'ore affinchè abbia il tempo di freddarsi perfettamente. Al momento di mandarlo in tavola si appoggia il timballo d'argento o la coppa di cristallo
Il gelato, col corteggio biondo e ghiotto di pastine che gli fanno scorta d'onore, è la conclusione graditissima di ogni fine desinare; non solo, ma durante la stagione estiva offre il più piacevole dei ristori, anche nel periodo che corre tra un pasto e l'altro. L'arte dei composti ghiacciati pare rimonti alla più lontana antichità, e, specialmente a un seguace di Maometto sembra si debba l'idea di far congelare succhi di frutta in un vaso circondato di ghiaccio. Ma senza addentrarci in queste noiose quanto inutili nebulosità della storia, accontentiamoci di affermare che certamente agli italiani del secolo XVII si deve la creazione e la divulgazione del vero gelato. Nel 1660 un meridionale, tal Procopio Calpelli, emigrava a Parigi fondando il famoso «Caffè Procopio», sparito da pochi anni, e nella capitale della Francia lanciava la sua celebre industria refrigerante, che otteneva un successo colossale. Il gelato non era allora un rinfresco accessibile a tutti: costava molto ed era solo riservato ai grandi signori. A questo proposito le cronache del tempo narrano che il giorno in cui il grande Condé ricevette nel suo Castello di Chantilly la regale visita di Luigi XIV, destarono generale ammirazione dei gelati in forma d'uovo che il genio di Vatel aveva preparato per gli ospiti illustri. Da quel tempo l'industria della gelateria ha progredito e si è popolarizzata, concorrendo a ciò la facile produzione del ghiaccio e le macchine sempre più perfezionate. E finalmente, anche la cucina di lusso si è impadronita di questo ramo dell'arte dulciaria,
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proposito le cronache del tempo narrano che il giorno in cui il grande Condé ricevette nel suo Castello di Chantilly la regale visita di Luigi XIV, destarono
Avrete così ottenuto, scintillanti come pietre preziose, le belle violette candite che ben pochi pasticceri sanno trattare con sicuro esito, sciupando, il più delle volte, inutilmente, tempo e danaro.
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, sciupando, il più delle volte, inutilmente, tempo e danaro.
sommerse nel «brillante». Lasciatele così per nove ore senza mai toccarle. Trascorso questo tempo togliete il turacciolo alla «brillantiera» e lasciate che lo sciroppo (che raccoglierete naturalmente in un altro recipiente) esca fino
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sommerse nel «brillante». Lasciatele così per nove ore senza mai toccarle. Trascorso questo tempo togliete il turacciolo alla «brillantiera» e
Come le materie albuminose di cui la carne si spoglia, turbano la limpidità del brodo, così questa schiuma di frutti, che è anche materia albuminosa, turberebbe la limpidità della gelatina. Se voi immergete la cucchiaia bucata nella gelatina in ebollizione e la sollevate di taglio, constaterete che la gelatina ricade in goccie rapide. Ma man mano che la cottura progredisce, rinnovando l'esperimento (ciò che bisogna fare spesso), vi accorgerete che queste goccie si staccano meno vivamente e finiscono per radunarsi sul ciglio inferiore della cucchiaia da cui si separano in masse più voluminose, e a intervalli di tempo piuttosto lunghi. Questo punto che i francesi chiamano «la nappe» perchè la cucchiaia resta quasi avviluppata in un velo di gelatina, indica il grado preciso ed infallibile della cottura di tutte le marmellate e di tutte le gelatine. Lasciate raffreddare un poco la gelatina, versatela in piccoli vasi di vetro ben netti e sopratutto asciutti bene, e il giorno dopo ponete sopra ogni vasetto un disco di carta pergamena bagnato nell'alcool, chiudete col coperchio e conservate in un luogo fresco.
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, e a intervalli di tempo piuttosto lunghi. Questo punto che i francesi chiamano «la nappe» perchè la cucchiaia resta quasi avviluppata in un velo di
per usi di pasticceria e specialmente per la confezione delle crostate. Prendete due chilogrammi di visciole ben mature, togliete loro il gambo e, mediante l'apposito utensile, il nocciolo. Mettete le visciole in un tegame di terraglia, ricopritele con ottocento grammi di zucchero in polvere e lasciatele così per dieci o dodici ore. Trascorso questo tempo portate il tegame sul fuoco e lasciate bollire le visciole per venti minuti. Allora travasate il tutto su un setaccio raccogliendo il succo in un'insalatiera. Rimettete le visciole scolate nel tegame, aggiungeteci 1200 grammi di zucchero e fate bollire per quaranta minuti. Mettete questa confettura calda in vasi
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lasciatele così per dieci o dodici ore. Trascorso questo tempo portate il tegame sul fuoco e lasciate bollire le visciole per venti minuti. Allora
Versate queste droghe in una grossa bottiglia in cui avrete messo alcool a 90 grammi 600 e acqua grammi 350. Quest'aggiunta d'acqua è necessaria perche l' alcool dell'infusione deve avere soltanto 60°. Aggiugete e inoltre mezza stecca di vainiglia tagliata in pezzettini. Chiudete la bottiglia e agitate bene la miscela, lasciate così l'infusione per quindici giorni, agitando ogni giorno energicamente la bottiglia. Dopo questo tempo mettete in una terrina 600 grammi di zucchero con mezzo litro d'acqua, e quando lo zucchero sarà completamente sciolto aggiungetelo nell'alcool. Mescolate, lasciate in riposo per una giornata, poi, per mezzo dell'imbuto di vetro e un cono di carta da filtro, filtrate il vostro liquore al quale unirete infine un decilitro d'acqua di rose. Il macis per chi non lo sapesse è l'involucro della noce moscata ed ha lo stesso profumo di questa, ma più delicato. La cocciniglia costituisce la parte colorante; il cardamomo è una droga esotica formata come di tanti grossi pinoli nei quali sono dei semi bruni aromaticissimi. Di questi granelli potrete adoperarne circa una diecina.
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agitate bene la miscela, lasciate così l'infusione per quindici giorni, agitando ogni giorno energicamente la bottiglia. Dopo questo tempo mettete in una
Fatto questo, chiudete il boccioncino con un tappo di sughero, calcate bene il tappo e lasciate il liquore così per quindici giorni, avendo l'avvertenza di scuoterlo energicamente almeno due volte al giorno. Trascorso il tempo stabilito, voi avrete ottenuto un liquore dall'aspetto torbido e bianchiccio. Non ve ne preoccupate. Preparate il vostro imbuto di vetro con la carta da filtro, e incominciate a filtrare. Sarete gradevolmente sorprese nel constatare che dal filtro colerà un liquido limpidissimo, di un pallido colore giallo ambrato, di profumo e di gusto deliziosi. Continuate a filtrare fino ad esaurimento del liquore e non abbiate fretta di ritirare l'imbuto. Infatti nella parete interna del filtro verrà a depositarsi tutta la parte caseosa del latte che conviene lasciar sgocciolare esaurientemente per non correre il rischio di buttar via qualche bicchierino di liquore che è contenuto in questa poltiglia biancastra. Quando il liquore sarà tutto passato imbottigliatelo. È un liquore veramente squisito, specialmente dedicato alle signore.
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'avvertenza di scuoterlo energicamente almeno due volte al giorno. Trascorso il tempo stabilito, voi avrete ottenuto un liquore dall'aspetto torbido e
Le uova preparate così sono appetitose e si conservano parecchi giorni. Mettete delle uova in una casseruola con acqua fredda. Portate la casseruola sul fuoco e quando l'acqua bollirà contate dieci minuti. Trascorso questo tempo passate le uova in acqua fredda, estraetele, sgusciatele e accomodatele in un vaso di terraglia o di vetro. Mettete sul fuoco in una casseruolina una quantità d'aceto proporzionato al numero delle uova aggiungendo del pepe nero grossolanamente pestato, un pezzetto di peperoncino, un pizzico di sale, uno spicchio d'aglio e un piccolo rametto di rosmarino. Portate all'ebollizione che manterrete lenta e regolare per una diecina di minuti, trascorsi i quali versate l'aceto così bollente sulle uova passandolo da un colabrodo per togliere gli aromi. Lasciate freddare completamente, poi coprite il vaso ermeticamente e aspettate almeno un paio di giorni prima di mangiare le uova. È necessario che queste uova rimangano sommerse nell'aceto. Esse acquistano un sapore gustoso e piccante che le rende molto accette.
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sul fuoco e quando l'acqua bollirà contate dieci minuti. Trascorso questo tempo passate le uova in acqua fredda, estraetele, sgusciatele e
Si sbucciano i piselli procurando il più possibile che risultino tutti della stessa grandezza. È appunto secondo il criterio della grandezza che i piselli conservati dalle grandi case commerciali vengono distinti con i numeri 1, 2, 3, 4, oppure coll'indicazione extra-fins, mi-fins, fins, ecc. Si mette sul fuoco in un piccolo caldaio una certa quantità d'acqua, e quando l'acqua bolle si gettano giù i piselli, contando da tre a cinque minuti d'ebollizione: tre minuti per i piselli più piccini, e cinque per i grandi. Trascorso il tempo stabilito i piselli si scolano e si mettono a raffreddare in acqua molto fredda; si scolano di nuovo e se ne riempiono, ma non fino all'orlo, delle scatole di latta della capacità di un litro.
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'ebollizione: tre minuti per i piselli più piccini, e cinque per i grandi. Trascorso il tempo stabilito i piselli si scolano e si mettono a raffreddare in
Conservazione all'olio. — Un metodo che dà risultati certi, e che è specialmente consigliabile per famiglia è il seguente: Si mettono le uova in un grande tegame, in modo che possano rimanere in un solo strato, si ricoprono completamente d'olio, e si lasciano così per 24 ore. Trascorso questo tempo si estraggono e si lasciano sgocciolare per un'altra giornata. Allora si asciugano leggermente, si avvolgono in caria pergamena e si ripongono in luogo asciutto, tenendole, come al solito, ritte. Oppure si depongono, senza avvolgerle nella carta, in una cassetta con polvere di carbone o segatura, ricordando di tenerle sempre ritte. L'olio che si consuma è pochissimo, e quello che resta può venire adoperato per frittura. Con questo sistema si sono conservate le uova fino a due anni, con una perdita minima, essendo il numero delle uova andate a male inferiore al 2 per cento. Perchè questa conservazione dia ottimi risultati, è necessario che le uova siano di giornata o, per lo meno, freschissime.
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grande tegame, in modo che possano rimanere in un solo strato, si ricoprono completamente d'olio, e si lasciano così per 24 ore. Trascorso questo tempo
Il modo di seccare i funghi è dei più semplici. La migliore qualità è il fungo porcino. Trattandosi di funghi che si conservano per proprio uso è meglio mondarli con la massima cura togliendo via ogni più piccola traccia di terra, la barba verde e tutte le parti anche lievemente intaccate dai vermi. Sarà tanta fatica risparmiata quando si metteranno in bagno per adoperarli, poichè non ci sarà da riguardarli troppo nè da risciacquarli una infinità di volte come accade per i funghi che si comperano. Si tagliano dunque in fette grandi, poichè seccando diminuiscono assai di volume, si mettono su delle tavole e si espongono al sole rivoltandoli ad intervalli di cinque o sei ore. Vedrete che dopo la prima giornata di sole diminuiranno molto e si faranno leggeri. Potrete quindi, man mano, radunarli in una sola tavola e lasciarli bene asciugare. Quando saranno secchi fate dei piccoli sacchetti di velato bianco e conservateli lì dentro, appesi all'aria. Quando vorrete usarli non avrete che metterli in bagno per un po' di tempo in acqua fredda.
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di velato bianco e conservateli lì dentro, appesi all'aria. Quando vorrete usarli non avrete che metterli in bagno per un po' di tempo in acqua fredda.
Scegliete degli ovoli tra i più piccoli, che siano chiusi e freschissimi; metteteli in un tegame di terraglia, conditeli con un pizzico di sale e ricopriteli d'aceto, lasciandoli bollire pian piano per una ventina di minuti. Estraeteli allora dal bagno, asciugateli in una salvietta e accomodateli in vasi di vetro nei quali metterete anche qualche granello di pepe e un paio di foglie d'alloro. Ricoprite i funghi con olio di buona qualità, chiudete i vasi e aspettate qualche tempo prima di consumarli. Se non poteste avere i funghi piccolissimi, divideteli in due o quattro pezzi, a seconda della loro grandezza.
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, chiudete i vasi e aspettate qualche tempo prima di consumarli. Se non poteste avere i funghi piccolissimi, divideteli in due o quattro pezzi, a seconda della
I funghi migliori da scegliersi per questa preparazione sono gli ovoli, i quali dovranno essere freschissimi, sodi e intieramente chiusi. Nettate i funghi, risciacquateli, asciugateli e poi ritagliateli in grossi spicchi. Mettete una pentola di terraglia sul fuoco con sufficiente aceto bianco e abbondante sale. Appena l'aceto bollirà mettete giù i funghi e fateli bollire per cinque minuti. Trascorso questo tempo togliete la pentola dal fuoco e gettateci dentro un pizzico di pepe in granelli, un pezzetto di cannella, due spicchi d'aglio, un paio di foglie di lauro e quattro o cinque chiodini di garofani. Coprite la pentola e lasciate ogni cosa in riposo per mezz'ora. Scolate allora tutto l'aceto, che potrete destinare ad altri usi, ma che non serve più per la nostra preparazione. Accomodate i funghi in un vaso di vetro o di terraglia togliendo i due spicchi d'aglio e le due foglie d'alloro, ma lasciando il pepe, la cannella e i garofani. Ricoprite con nuovo aceto freddo, chiudete il vaso e riponetelo in dispensa.
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abbondante sale. Appena l'aceto bollirà mettete giù i funghi e fateli bollire per cinque minuti. Trascorso questo tempo togliete la pentola dal fuoco e
Ognuno può farsi in casa, assai economicamente, una piccola provvista di filetti di aringhe. Togliete la testa alle aringhe e poi con le dita spellatele. La pelle vien via facilissimamente senza ricorrere al fuoco che rende le aringhe diabolicamente salate. Spellate che siano, fate loro con un coltellino un'incisione lungo il dorso, e procedendo con garbo, e aiutandovi con la mano e col coltellino dividetele in due. Mettete da parte le uova o il cosidetto «latte», togliete la spina dell'aringa, le pinne dorsali e col coltello levate via la parte inferiore del ventre, formata solamente di pelle e spine e quindi immangiabile. Avrete così ottenuto due grossi filetti spinati, che ritaglierete in due per lungo, e poi trasversalmente a metà, in modo da avere da ogni aringa otto pezzi. Se l'aringa fosse piccola accontentatevi di quattro filetti solamente. Mettete questi filetti in una terrinetta, aggiungete le uova o il «latte» messi da parte, e condite con abbondante olio. I filetti preparati così si mantengono per moltissimo tempo.
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terrinetta, aggiungete le uova o il «latte» messi da parte, e condite con abbondante olio. I filetti preparati così si mantengono per moltissimo tempo.
Da qualche tempo è invalso l'uso di servire, al posto del solito formaggio, qualche ghiottoneria, in cui il formaggio entra insieme con altri elementi. I principali tipi di questi formaggi, che potremmo chiamare moderni, sono rappresentati: dalle tartelette, dai piccoli soufflè e dalle così dette pagliette.
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Da qualche tempo è invalso l'uso di servire, al posto del solito formaggio, qualche ghiottoneria, in cui il formaggio entra insieme con altri
Savories. — I tipi di formaggi descritti più sopra rientrano in quella categoria di piccole preparazioni, dette «Savories», il cui uso, dapprima localizzato in Inghilterra, si è esteso da qualche tempo anche in altre nazioni. In sostanza si tratta di preparazioni fortemente impepate, che vengono servite in fine di tavola, dopo i gelati e la pasticceria, e che servono in un certo modo di pretesto ai convitati per intrattenersi ancora a tavola e stappare qualche altra bottiglia. Di queste «Savories» esistono una quantità di tipi. Possono, ad esempio, servirsi degli «choux» al formaggio, delle ostriche spalmate di mostarda e fritte, delle tartelette guarnite con una puré di latte di aringhe e besciamella, dei canapè di pane abbrustoliti, imburrati e guarniti con alici, sardine all'olio, salmone affumicato ecc.
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localizzato in Inghilterra, si è esteso da qualche tempo anche in altre nazioni. In sostanza si tratta di preparazioni fortemente impepate, che vengono